A distanza di qualche settimana dall’entrata in vigore della
legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 23 dicembre 2013) pare venuto
il momento di incominciare a esprimere alcuni ponderati giudizi di carattere
tecnico.
Negli ultimi tempi il legislatore, nonostante i molteplici
sforzi messi in campo per semplificare e razionalizzare il nostro quadro
giuridico, si è sempre più inviluppato in una matassa normativa quasi
impossibile da sbrogliare, raggiungendo, semmai, l’obiettivo contrario: ossia,
quello di complicare maggiormente la materia, invero, già di per sé stessa
assai complessa. Semplificare significa rendere più fruibile il quadro delle
regole del Paese, ridurre il numero delle norme esistenti, eliminare gli oneri
amministrativi inutili che gravano sui cittadini e sulle imprese, agevolando
l’adempimento di quelli necessari per garantire un livello di tutela adeguato e
per assicurare lo svolgimento delle pubbliche funzioni, anche quelle di
verifica e accertamento.
A dispetto di ciò, la legge di stabilità 2014 si compone del solo
articolo 1, composto però da ben 749 commi, che spesso si susseguono alla
rinfusa senza chiarezza e ordine logico, i quali a loro volta esprimono mere
norme di rinvio a 117 ulteriori provvedimenti di attuazione (decreti
ministeriali e/o interministeriali), necessari per dare efficacia alle
disposizioni stesse che li prevedono, e per i quali spesso non risulta previsto
un termine per la relativa emanazione. Con riferimento ad alcuni di questi provvedimenti,
a dire il vero, non appare neppure certa l’emanazione, perché molti di essi
potrebbero finire per avere la stessa sorte capitata ai circa 700 regolamenti
di attuazione che erano stati preannunciati già durante il Governo Monti e che,
come tutti sappiamo, non sono mai stati effettivamente varati – più che di
Governo Monti, parlerei di Governo Manzoni, visti i risultati delle sue
“grida”.
Io sono solo un tecnico (termine che continuo a non
considerare dispregiativo, nonostante proprio l’appena menzionato Governo Monti
abbia fatto del suo meglio per far cambiare idea agli Italiani al riguardo); un
tecnico che si limita a studiare, comprendere e cercare di mettere in pratica
nella maniera migliore possibile le leggi varate dal governo: lungi da me
qualunque malcelato tentativo di far politica. Mi pare, peraltro, innegabile
che finché continueremo ad avere uno Stato debole in cui il potere legislativo galleggia
come una zattera in balia delle correnti che la spingono un po’ a destra e un
po’ a sinistra, le norme, anziché diminuire e semplificarsi, si
moltiplicheranno e si complicheranno sempre di più, sfuggendo alle loro
inizialmente nobili finalità istituzionali per finire con il causare una sempre
maggiore incertezza del diritto; e così creando solo grande difficoltà di
lavoro per tutte le categorie professionali e, conseguentemente, sostanziale
impossibilità pratica di assolvimento degli obblighi di legge da parte dei
cittadini… anche dei più virtuosi fra loro.
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