Sembra interessante riportare alcune recenti pronunce della
Corte UE in tema di detraibilità IVA concernenti soggetti che non hanno ancora,
di fatto, perfezionato la loro posizione IVA internazionale, posto che trattasi
di casi assai frequenti nella pratica.
La Corte di Giustizia, con la sentenza 13 febbraio 2014,
causa C-18/13, ha affermato che la detrazione dell’IVA non può essere negata
solo perché l’operazione è stata effettuata da un soggetto diverso da quello
che ha emesso la fattura.
L’indetraibilità, infatti, presuppone che l’operazione abbia
natura fraudolenta e che il destinatario dei beni/servizi sapeva o avrebbe
dovuto sapere di partecipare, con l’acquisto, a un’evasione.
Nel caso esaminato, a fronte di prestazioni effettivamente
rese, le Autorità fiscali hanno constatato che il fornitore che ha emesso le
fatture non disponeva né del personale, né delle risorse necessarie per
effettuare le prestazioni oggetto di fatturazione.
L’analisi della questione da parte della Corte europea parte
dalla considerazione che il diritto di detrazione costituisce parte integrante
del meccanismo di funzionamento dell’IVA e, in linea di principio, non può
essere soggetta a limitazioni diverse da quelle previste dalla normativa,
potendo esercitarsi – in via immediata – per tutti gli acquisti effettuati in
funzione di operazioni che, a valle, siano soggette all’imposta.
Al fine, tuttavia, di contrastare i fenomeni di evasione e di
elusione, la giurisprudenza comunitaria ha più volte sostenuto che è compito
delle Autorità fiscali e dei giudici nazionali negare la detrazione ove sia
dimostrato, in base a elementi oggettivi, che tale diritto è invocato
fraudolentemente o abusivamente.
Questa circostanza, secondo la Corte UE, ricorre non solo
quando l’evasione è compiuta dallo stesso cessionario/committente, ma anche
quando quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto, avrebbe
partecipato a una frode realizzata dal fornitore o da altro operatore
intervenuto a monte o a valle nella catena delle operazioni; in tali ipotesi, è
irrilevante il fatto che il cessionario/committente tragga vantaggio dalla
rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni
effettuate a valle (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2012, causa C-285/11).
In definitiva, la sentenza conclude affermando che il diritto
di detrazione non può essere, di per sé, precluso per il semplice fatto che la
fattura non sia stata emessa dal soggetto che ha effettuato la prestazione e
che spetta, pertanto, al giudice nazionale verificare, allo stesso tempo, che
l’operazione abbia natura fraudolenta e che il destinatario dei servizi sapesse
o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’evasione.
È interessante osservare che la detrazione è stata ammessa
anche nel caso opposto a quello esaminato, cioè quando la fattura è stata
intestata a un soggetto diverso da quello al quale sono risultati imputabili
gli acquisti.
La Corte di Giustizia, con la sentenza 1° marzo 2012, causa
C-280/10, ha infatti stabilito che la società può esercitare la detrazione
anche se la fattura è stata emessa nei confronti dei futuri soci.
Le considerazioni svolte dai giudici comunitari sono
pertinenti anche rispetto al caso precedentemente esposto, relativo alla citata
causa C-18/13.
Il diritto in esame presuppone il possesso di una fattura, il
cui contenuto è previsto dall’art. 226 della Direttiva n. 2006/112/CE, in base
al quale nel documento devono essere riportati, tra gli altri, la data della
sua emissione, nonché il nome e l’indirizzo completo del fornitore e del
cliente.
Il principio di neutralità dell’IVA esige, tuttavia, che la
detraibilità dell’imposta sia riconosciuta se gli obblighi sostanziali sono
soddisfatti, anche quando taluni obblighi formali sono stati omessi dalle
controparti. Laddove, dunque, le condizioni sostanziali, riguardanti l’inerenza
dell’acquisto rispetto all’attività d’impresa, siano soddisfatte – come
accaduto nel caso in questione – la detrazione è comunque ammessa. In pratica,
l’impossibilità, per la società, di esercitare il diritto alla detrazione è
dovuta a un obbligo puramente formale, dal momento che la società stessa, alla
data di emissione della fattura, non era ancora registrata né identificata ai
fini dell’IVA e che la fattura è stata pertanto intestata ai soci.
Per quanto, in conclusione, appaia sempre consigliabile
evitare di effettuare operazioni IVA (attive e/o passive) fino a che non si sia
regolarmente perfezionato l’iter burocratico richiesto dalle vigenti normative
dei singoli Stati, queste pronunce sono di conforto per tutti coloro i quali
agiscano comunque “in buona fede”, ossia non si rendano, nella sostanza, né
autori e né complici di alcun tipo di frode fiscale.
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