martedì 18 marzo 2014

Corte di Giustizia Europea in tema di detraibilità IVA



Sembra interessante riportare alcune recenti pronunce della Corte UE in tema di detraibilità IVA concernenti soggetti che non hanno ancora, di fatto, perfezionato la loro posizione IVA internazionale, posto che trattasi di casi assai frequenti nella pratica.
La Corte di Giustizia, con la sentenza 13 febbraio 2014, causa C-18/13, ha affermato che la detrazione dell’IVA non può essere negata solo perché l’operazione è stata effettuata da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura.
L’indetraibilità, infatti, presuppone che l’operazione abbia natura fraudolenta e che il destinatario dei beni/servizi sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, con l’acquisto, a un’evasione.
Nel caso esaminato, a fronte di prestazioni effettivamente rese, le Autorità fiscali hanno constatato che il fornitore che ha emesso le fatture non disponeva né del personale, né delle risorse necessarie per effettuare le prestazioni oggetto di fatturazione.
L’analisi della questione da parte della Corte europea parte dalla considerazione che il diritto di detrazione costituisce parte integrante del meccanismo di funzionamento dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetta a limitazioni diverse da quelle previste dalla normativa, potendo esercitarsi – in via immediata – per tutti gli acquisti effettuati in funzione di operazioni che, a valle, siano soggette all’imposta.
Al fine, tuttavia, di contrastare i fenomeni di evasione e di elusione, la giurisprudenza comunitaria ha più volte sostenuto che è compito delle Autorità fiscali e dei giudici nazionali negare la detrazione ove sia dimostrato, in base a elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente.
Questa circostanza, secondo la Corte UE, ricorre non solo quando l’evasione è compiuta dallo stesso cessionario/committente, ma anche quando quest’ultimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto, avrebbe partecipato a una frode realizzata dal fornitore o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena delle operazioni; in tali ipotesi, è irrilevante il fatto che il cessionario/committente tragga vantaggio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni effettuate a valle (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2012, causa C-285/11).
In definitiva, la sentenza conclude affermando che il diritto di detrazione non può essere, di per sé, precluso per il semplice fatto che la fattura non sia stata emessa dal soggetto che ha effettuato la prestazione e che spetta, pertanto, al giudice nazionale verificare, allo stesso tempo, che l’operazione abbia natura fraudolenta e che il destinatario dei servizi sapesse o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’evasione.
È interessante osservare che la detrazione è stata ammessa anche nel caso opposto a quello esaminato, cioè quando la fattura è stata intestata a un soggetto diverso da quello al quale sono risultati imputabili gli acquisti.
La Corte di Giustizia, con la sentenza 1° marzo 2012, causa C-280/10, ha infatti stabilito che la società può esercitare la detrazione anche se la fattura è stata emessa nei confronti dei futuri soci.
Le considerazioni svolte dai giudici comunitari sono pertinenti anche rispetto al caso precedentemente esposto, relativo alla citata causa C-18/13.
Il diritto in esame presuppone il possesso di una fattura, il cui contenuto è previsto dall’art. 226 della Direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale nel documento devono essere riportati, tra gli altri, la data della sua emissione, nonché il nome e l’indirizzo completo del fornitore e del cliente.
Il principio di neutralità dell’IVA esige, tuttavia, che la detraibilità dell’imposta sia riconosciuta se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche quando taluni obblighi formali sono stati omessi dalle controparti. Laddove, dunque, le condizioni sostanziali, riguardanti l’inerenza dell’acquisto rispetto all’attività d’impresa, siano soddisfatte – come accaduto nel caso in questione – la detrazione è comunque ammessa. In pratica, l’impossibilità, per la società, di esercitare il diritto alla detrazione è dovuta a un obbligo puramente formale, dal momento che la società stessa, alla data di emissione della fattura, non era ancora registrata né identificata ai fini dell’IVA e che la fattura è stata pertanto intestata ai soci.
Per quanto, in conclusione, appaia sempre consigliabile evitare di effettuare operazioni IVA (attive e/o passive) fino a che non si sia regolarmente perfezionato l’iter burocratico richiesto dalle vigenti normative dei singoli Stati, queste pronunce sono di conforto per tutti coloro i quali agiscano comunque “in buona fede”, ossia non si rendano, nella sostanza, né autori e né complici di alcun tipo di frode fiscale.

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