L’articolo 11 del Decreto Legge 201/2011 prevede che gli
operatori finanziari siano tenuti a comunicare con cadenza annuale le
movimentazioni intrattenute con i loro clienti al Fisco, tramite il SID
(Sistema di Interscambio dei Dati), sigla che ricorda “sinistramente” il
vecchio SISDE, ora diventato SIN.
Il 31 ottobre 2013, gli operatori finanziari dovevano
comunicare i rapporti relativi all’anno 2011; mentre, entro la scadenza del 31
marzo 2014, comunicheranno quelli relativi all’anno 2012. A regime, le
comunicazioni andranno effettuate entro il 20 aprile di ogni anno. Oggetto di
tali comunicazioni sono tutti i saldi iniziali e finali dei conti correnti, nonché
il numero di accessi effettuati presso le cassette di sicurezza e gli importi
degli acquisti fatti con carte di credito o carte di debito. Le comunicazioni
riguarderanno anche i movimenti sui fondi dei conti esteri “scudati” in Italia
dai contribuenti, per i quali, dunque, lo scudo fiscale non ha fornito di fatto
alcun riparo.
Nella lotta contro l’evasione, l’Agenzia delle Entrate avrà
in mano una potente arma per scoprire posizioni fiscali sospette; salvo, poi,
capire in che maniera se ne servirà e come effettivamente agirà.
E quali potrebbero essere le posizioni sospette?
È facile intuire che passeranno sotto la lente
d’ingrandimento: prelevamenti e versamenti di elevato importo non giustificati;
ingenti spese sostenute, o elevati scostamenti tra saldi iniziali e saldi
finali in soggetti che hanno dichiarato un reddito esiguo; conti correnti
bancari a secco a fronte di elevati redditi dichiarati dai soggetti “spiati”; e
così via.
In teoria, i controlli bancari potevano essere eseguiti anche
prima, seppure non immediatamente, liberamente e a insaputa dei contribuenti.
Ora, di fatto, le varie posizioni sono subito verificabili: le informazioni
relative sono inoltrate al Fisco annualmente, come qualunque altro modello di
dichiarazione o bilancio societario, con in più l’elemento novità concernente
la possibilità di ricevere ogni dato relativo anche alle movimentazioni
bancarie effettuate dai parenti e dai conviventi dei contribuenti (persone
fisiche o società) sottoposti ad accertamento. E, giova ripeterlo, senza che
detti ultimi soggetti ne siano minimamente a conoscenza.
Una misura sicuramente invasiva ai fini della privacy dei
contribuenti, che mette definitivamente fine a qualunque tipologia di segreto
bancario.
Ma, per carità, ben venga quella norma in grado di tamponare
la piaga dell’evasione, senza la quale, l’Italia – stando ai numeri che il
ministero fa circolare – sarebbe un paese ricco, anzi, ricchissimo e praticamente
senza debiti.
Seppure, come tutti dicono, la questione evasione è
principalmente collegata all’insopportabile e spaventosa pressione fiscale
esistente, riteniamo che il fenomeno sia prima di tutto da inquadrare in un
contesto storico-sociale di ben altra origine, e resti impossibile da
annientare proprio per questa sua matrice: la storia della nostra unità
nazionale è recente e, sostanzialmente, continuiamo a essere un popolo
scarsamente pervaso dall’amore per la patria e dallo spirito di fratellanza. L’attuale
sistema delle regioni, poi, di certo non aiuta la coesione. Oltre a ciò, è comunque
indubbio come le diuturne prove che i contribuenti hanno circa il fatto che i
soldi delle loro tasse vengano in gran parte utilizzati per alimentare sprechi
e fabbisogni puramente personali dei governanti, contribuiscano in maniera
preponderante ad alimentare la convinzione che sia quasi una sorta di diritto
quello di cercare di eludere il Fisco in ogni maniera possibile.
Viceversa, pagare imposte e tasse (e pagarle nella misura
corretta) è un indiscutibile dovere civico e morale, che deve essere osservato
dagli Italiani, così come correttamente avviene nella maggior parte delle altre
nazioni degne di definirsi tali. Per cui, plaudiamo a ogni iniziativa seria che
possa colpire tutti coloro che agiscono in frode alla legge, sottraendo risorse
indispensabili per il nostro paese. Certo, per altro verso, diciamo che non
aiuta vedere che c’è chi, pur condannato definitivamente dalla Cassazione, in
quanto grande evasore, non solo di fatto non viene punito, ma addirittura,
seduto a scranna con la veduta corta d’una spanna, dal pulpito parlamentare
tuona contro gli evasori e pretende di impartire pure insegnamenti etici in
proposito. Questo, però, è un altro discorso…
Detto tutto ciò, peraltro, nella nostra mente restano
svariati dubbi e timori di carattere non tributario con riferimento a questo
fiume di informazioni assai riservate che scorre in misura relativamente
controllata, percorrendo canali telematici, i quali, oggigiorno, manifestano
sempre maggiori falle e bassi livelli di sicurezza.
Viviamo in un mondo in cui le transazioni via Internet sono
sempre meno sicure: il progresso della tecnologia dovrebbe aiutare a proteggere
i dati, ma per contro acuisce anche le capacità dei ladri di informazioni. Le
stesse banche non riescono sempre a proteggere i dati dei loro clienti. Le
carte di credito sono soggette a innumerevoli clonazioni. Persino gli speciali
e “ultrasicuri” sistemi utilizzati dai servizi segreti dei paesi più
all’avanguardia risultano essere preda degli hacker.
E dovrebbe essere sufficiente a tranquillizzarci una
dichiarazione governativa circa il fatto che i nostri dati sono assolutamente
sicuri da occhi indiscreti e verranno esclusivamente usati per i leciti scopi
espressamente prescritti dalla legge?
Francamente, ci pare un po’ poco.
Che Dio ce la mandi buona…
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